Era in lista di attesa in ospedale ma non ce l’ha fatta a ricevere il nuovo organo in tempo utile
L’attesa per un trapianto di cuore è all’incirca di 3-4 anni, poiché ci sono troppe poche donazioni. I dati parlano da soli: in Italia sono in attesa di un cuore 710 persone, ma i trapianti che si effettuano ogni anno è stabile dal 2015 a circa 250 interventi. Quindi un terzo del fabbisogno. «C’è ancora un 30% di opposizione alla donazione, se non fosse così i numeri potrebbero essere capovolti», spiega la dottoressa Antonella Galeone dell’Unità operativa complessa di Cardiochirurgia dell’ospedale di Borgo Trento, diretta da Giovanni Battista Luciani e dal professore Francesco Onorati, responsabile dei trapianti e dell’assistenza ventricolare. È di questi giorni la notizia della morte improvvisa del 43enne Luca Zendron, ex campione regionale di equitazione (da qualche settimana era diventato anche giudice di gara), originario di Ronco all’Adige (Vr) e residente da molti anni a Mestrino, in provincia di Padova. Il giorno di Pasqua, era a pranzo dalla sorella a Ronco, quando ha avuto un malore ed è stato immediatamente ricoverato all’ospedale di Borgo Trento. Le analisi hanno evidenziato un grave problema di occlusione coronarica, risolvibile solo con un trapianto di cuore. Ma Luca non ha avuto il tempo di riceverlo: dopo 12 giorni di cure intensive, è morto. Una perdita improvvisa, a soli 43 anni, che ha sconvolto i familiari – la figlia di 14 anni, la compagna, il padre, i fratelli – ha lasciato sgomenta la comunità di Ronco, dove il campione di salto ad ostacoli era cresciuto e dove lunedì, alle 15, sarà celebrato il suo funerale nella chiesa parrocchiale.
La spiegazione dei medici dell’ospedale di Borgo Trento
«I pazienti con gravi patologie cardiache e che attendono un trapianto sono suddivisi in tre classi di priorità – spiega la cardiochirurga Galeone – Ci sono quelli a casa, che anche se gravi sono in condizioni cliniche stabili; poi, ci sono quelli classificati in “urgenza di macro-area”, vale a dire che sono ricoverati in reparto o in terapia intensiva e che devono assumere farmaci in vena in modo continuativo a supporto del cuore; infine i pazienti più gravi in assoluto, definiti in “emergenza nazionale”, che sono ricoverati in terapia intensiva ed oltre ai farmaci in vena sono assistiti da dispositivo meccanico al circolo. Sono pazienti in fin di vita, attaccati a delle macchine che sostituiscono cuore e polmoni ma che le stesse determinano gravi complicanze. Non possono resistere più di qualche giorno. Chiaramente il Centro nazionale trapianti riserva a loro per primi la disponibilità di un cuore, che ricordiamo deve esserci e soprattutto deve essere compatibile. E non sempre si fa in tempo a trovarlo, quindi il paziente muore».
Già 7 trapianti di cuore da inizio 2023
È quanto può essere accaduto a Zendron, che in pochi giorni ha scalato la triste classifica delle priorità, ma invano. «Più si va avanti con una patologia così importante da necessitare il trapianto, più si va incontro a scompensi gravi, con eventi acuti che possono portare a infarto massivo», sottolinea la dottoressa nello spiegare le linee generiche delle complicanze. Nel centro dell’azienda ospedaliera universitaria integrata di Verona, da inizio anno si sono eseguiti 7 trapianti di cuore, l’anno scorso 17 e nel 2021 sono stati 19. «Sono in aumento – precisa ancora Galeone – prima erano una decina all’anno, adesso sono il doppio. Verona è uno dei centri più generosi per donazioni e per operazioni. L’età media dei trapiantati è di circa 50 anni, ma sta aumentando anche l’attività in persone giovani con cardiopatie complesse congenite, come è stato per un ragazzino a cui abbiamo eseguito il trapianto dopo che era stato operato più volte perché non si trovava un donatore. Il problema rimane sempre lo stesso: una persona su tre dice no alla donazione, che peraltro per il cuore è ancora più difficile da trovare, poiché si può ricevere solo da persone a cui hanno dichiarato la morte cerebrale, e non anche da viventi come, invece, avviene ad esempio per il rene o il fegato».
(Annamaria Schiano, corrieredelveneto.corriere.it)