Le pagine delle riviste sono piene di diete “infallibili”, puntualmente abbandonate poco dopo.
Vita&Salute vi offre invece una prospettiva diversa.
di Vita&Salute
Non bisogna eliminare, come spesso accade, quasi tutti i carboidrati, sottovalutandone l’importante ruolo come fornitori di energia per ogni persona, dal bambino all’anziano.
Colpa della dieta se non riusciamo a dimagrire? Forse anche, ma indubbiamente noi abbiamo una certa responsabilità quando mangiamo tutti i giorni come se fosse domenica. Molto meglio quindi imparare a nutrirsi in un modo diverso e consapevole tutto l’anno.
A partire da una maggiore attenzione alla scelta dei cibi e all’equilibrio dei pasti, che spesso sono alterati da un consumo eccessivo o scorretto di amidi sotto forma di pane, pasta, patate, ecc.
In più, non bisogna eliminare, come spesso accade, quasi tutti i carboidrati, sottovalutandone l’importante ruolo come fornitori di energia per ogni persona, dal bambino all’anziano. Queste attitudini sbagliate portano a tutta una serie di errori, come vedremo.
Non tutti i carboidrati sono uguali!
Da tenere a mente che esistono due tipologie di carboidrati.
– Carboidrati a rapido assorbimento: sono gli zuccheri semplici come il saccarosio (zucchero di barbabietola e di canna), il miele e gli sciroppi. Vengono assorbiti rapidamente e altrettanto in fretta si esauriscono, causando pericolose oscillazioni glicemiche.
Vanno quindi ridotti al minimo (circa il 10% del totale dei carboidrati).
Anche la frutta fornisce zuccheri semplici, in particolare quella molto dolce come i datteri, l’uvetta e i fichi, ma c’è chiaramente una differenza tra bere un caffè zuccherato o una bibita gassata e mangiare un frutto, che contiene anche fibre e altri nutrienti.
– Carboidrati a lento assorbimento: sono i polisaccaridi (o zuccheri complessi), farinacei rappresentati in primo luogo dai cereali, dalle patate e pure dalle castagne, seguiti dai legumi e, in minor misura, dalla verdura. Forniscono energia duratura e sazietà a lungo termine, non causano oscillazioni glicemiche (tranne nel caso in cui i cereali siano raffinati).
Sono questi i carboidrati da consumare regolarmente, con le dovute accortezze.
Cereali, il vero e il falso
Ecco una panoramica di errori dietetici con le relative spiegazioni.
Il cavallo di battaglia della dieta mediterranea sono i cereali, perciò vanno mangiati
Vero, ma dove li mettiamo legumi e ortaggi, anch’essi tipici di questa dieta, eppure meno graditi rispetto a penne, pizza o lasagne? Senza lo sposalizio con legumi e ortaggi, il controllo del peso può sfuggire. Non è corretto neanche considerare la pasta come l’unica fonte di cereali. Tradizionalmente, la dieta mediterranea comprendeva anche riso, farro, orzo, in passato perfino miglio, segale e saraceno, per esempio sull’Aspromonte. Ogni cereale fornisce varietà e nutrienti al piatto; alcuni, poi, sono più “dietetici” rispetto ad altri. Per esempio il saraceno e l’orzo (non quello perlato!) hanno un indice glicemico (IG) piuttosto basso, e lo stesso vale per la quinoa (ora coltivata anche in Italia), e la nordica avena, che ha fibre di ottima qualità. Quindi ben vengano i cereali, se integrali e in alternanza tra di loro.
Il cervello ha bisogno di zuccheri
Vero, ma NON dallo zucchero bianco: il carburante del cervello è il glucosio, uno zucchero semplice capace di entrare nelle cellule nervose fornendo loro energia. E anche se il glucosio si trova nel comune zucchero da cucina, per nutrire il cervello non servono pasticcini e bevande gassate, perché l’organismo ricava questo glucide dai polisaccaridi, dal latte (per la presenza di lattosio), e se è alle strette perfino da lipidi e proteine.
Niente amidi per dimagrire
Falso. Come abbiamo visto, i carboidrati servono per nutrire il cervello e per fornire energia. È il loro uso scorretto a renderli ingrassanti. Nascono da questo equivoco le diete iperproteiche, con risultati inizialmente promettenti ma che poi si vanificano, come rilevato da molti studi. In più l’eccesso di proteine animali appesantisce di scorie fegato e reni e fa aumentare il colesterolo. Da parte sua la dieta chetogenica, ricchissima di grassi vegetali e animali, se mal gestita (come capita spesso con il fai da te) causa un accumulo di corpi chetonici. Le possibili conseguenze sono: cefalea, ipoglicemia, ipotensione, aumento della diuresi e disidratazione. Più che eliminare gli amidi, si dovrebbe ridurne le porzioni in base alla costituzione e all’attività fisica. Ma soprattutto, fare attenzione alle associazioni.
Un pasto semplice e leggero? Un piatto di pasta!
Falso. Non si sta “leggeri” con spaghetti al pomodoro o conditi giusto con un filo di olio, perché così l’IG dell’alimento non viene controllato. Per essere certi che la pasta – e lo stesso vale per riso, orzo ecc. – non alzi di colpo gli zuccheri ematici (che poi ricadono dopo non molto, facendo tornare la fame) si deve completare il piatto con una fonte proteica e un po’ di ortaggi: queste aggiunte modulano l’indice glicemico e favoriscono la sazietà. Inoltre le fibre dei vegetali aiutano a controllare il colesterolo.
Via i dolci, niente diabete
Vero e falso. Eliminare gli zuccheri, o per lo meno ridurli al minimo, è importante, ma non basta. L’IG non lo alzano solo le caramelle o i dolcetti, ma anche le farine raffinate, che durante la digestione liberano glucosio, o le gallette di cereali, lavorate in modo da risultare molto digeribili e quindi rapidamente assimilate. Per non parlare di patatine fritte o di orrori nutrizionali come le patatine sulla pizza o nel panino… Per prevenire diabete e sovrappeso, che vanno spesso di pari passo, bisogna come detto associare i cereali (integrali!), ma anche le patate, con fibre e proteine. A rallentare l’assorbimento degli zuccheri del pasto aiutano pure i grassi “buoni” e le verdure (soprattutto a foglia) consumate come entrée.
Il pane fa ingrassare
Vero, mangiandone tanto.
Falso, consumandolo con moderazione.
Un’astuzia consiste nel non aggiungerlo a eventuali altri carboidrati presenti nel pasto (per esempio, dopo il riso o l’orzo nelle giuste dosi non serve consumare pane o patate con il secondo). È però importante che il pane sia preparato con farine integrali e pasta madre: il processo di fermentazione produce acido lattico, che rallenta l’assorbimento degli zuccheri.
Per dimagrire, via il glutine
Falso. Intanto, è sbagliato associare i gonfiori addominali degli intolleranti al glutine con il sovrappeso. Inoltre, mentre quelli che hanno reazioni allergiche devono stare attenti a questa proteina, gli altri devono solo limitarsi a non abusarne, favorendo l’alternanza dei cereali. Non è superfluo ricordare che riso, miglio e mais, privi di glutine, hanno un indice glicemico più elevato di altri cereali, tanto più se raffinati; non vanno esclusi, ma mangiati con cognizione di causa. È invece meglio evitare i prodotti specifici per celiaci se non si è malati. Infatti questi sono spesso più ricchi di additivi, usati per legare e insaporire gli impasti, e possono avere più grassi e zuccheri per aumentare il gusto. Insomma, non fanno dimagrire affatto, anzi, secondo uno studio pubblicato nel 2016 su The Journal of Pediatrics fanno perfino ingrassare!
I carboidrati con l’indice glicemico alto, come le patate, vanno aboliti
Falso. Tranne gli amidi puri, come quelli di mais o di grano, privati delle fibre e adatti solo per addensare i cibi, gli altri carboidrati hanno pur sempre un valore nutrizionale ed è un peccato eliminarli del tutto. Per esempio le patate contengono minerali, proteine e antiossidanti, e sono gustose cotte al vapore o al forno. Per ridurre l’IG c’è un trucco: sfruttare l’amido-resistenza (vedi box).
Che cos’è l’indice glicemico
L’indice glicemico, che misura quanto un cibo può alzare la glicemia, è la chiave di volta per il controllo degli zuccheri ematici e quindi per la prevenzione di sovrappeso e diabete 2. Il meccanismo è perverso: più zuccheri mangiamo, più il pancreas produce insulina per mantenere costante la glicemia. Il superlavoro esaurisce il pancreas, che riduce la produzione di insulina, così gli zuccheri restano in circolazione e l’organismo, non sapendo più cosa farne, li mette nel tessuto adiposo. È l’anticamera del diabete e dell’obesità. Non solo: alti livelli di insulina aumentano il colesterolo e trigliceridi, e con essi il rischio di malattie cardiovascolari. Come se non bastasse, recenti ricerche hanno dimostrato che alti livelli di glicazione (la reazione tra uno zucchero, una proteina e un lipide) favoriscono l’infezione da Covid-19: controllare l’assunzione degli zuccheri, e quindi dell’indice glicemico, si rivela quindi vitale.
Utili a questo scopo le tabelle che suddividono gli alimenti in gruppi di basso, medio e alto rischio. Non tutti i cibi con indice glicemico vanno eliminati: ad esempio il riso ha dei benefici e per equilibrarne l’IG basta farlo raffreddare, in modo da formare l’amido resistente, e associarlo poi con una proteina. Ma non meno importante è tenere d’occhio il carico glicemico degli alimenti (CG), cioè il suo tenore più o meno elevato di zuccheri. Ci sono cibi con alto IG ma basso CG, che possono essere consumati tranquillamente, senza timore di fluttuazioni glicemiche. L’esempio classico è dato dalla carota bollita, che ha IG 90, ma CG basso (7,2): contiene infatti solo 8 g di carboidrati.
BOX: Indice glicemico di alcuni alimenti – I valori di riferimento
Alimento |
IG |
Alimento |
IG |
Biscotti frollini |
55-90 |
Brioche |
70 -90 |
Corn flakes |
77 |
Farina di frumento 00 |
85 |
Farina di frumento 0 |
75 |
Farina di frumento integrale |
60 |
Muesli |
40 |
Pizza al pomodoro |
80 |
Pasta di semola |
55 |
Pasta di semola al dente |
40 |
Ceci in scatola |
40 |
Albicocche |
35 |
Arance |
42 |
Noci |
25 |
Pomodori, passata |
35 |
Pinoli |
15 |
Riso basmati |
55 |
Riso parboiled |
70-90 |
Riso integrale |
60 |
Banana |
50 – 70 |
Uvetta |
64 |
Mele |
38 |
Fragole |
40 |
Uva |
46 – 70 |
Pere |
42 – 33 |
Tratto da: F. Cocchi, Non arrendersi al diabete, Terra Nuova 2016
AIDO ringrazia Fondazione Vita e Salute e la Chiesa Cristiana Avventista che con il suo 8×1000 sostiene la promozione di un percorso di informazione e sensibilizzazione sulla prevenzione e insieme un gesto concreto verso la promozione della cultura del dono.