L’olio extravergine è un condimento considerato anche un farmaco dalla Fda americana. Ecco tutte le proprietà e i criteri per sceglierlo di qualità
I componenti dell’olio extravergine concorrono nel ridurre l’infiammazione – che favorisce la formazione e deposizione della placca – e nel migliorare il metabolismo lipidico. In più l’evo contribuisce a diminuire la pressione arteriosa e la glicemia e a migliorare la digestione dei carboidrati, importante per la prevenzione del diabete. Gli antiossidanti dell’olio, e forse anche l’oleico, aiutano a prevenire alcuni tumori.
Di Vita&Salute
L’olio extravergine d’oliva è un vero supercondimento ricavato da un frutto e non da un seme, come gli altri oli vegetali. È praticamente un farmaco per la Fda statunitense, che nel 2018 ha concesso che l’extravergine – grazie all’acido oleico – venga reclamizzato come preventivo delle malattie cardiovascolari.
In questo olio i lipidi sono oltre il 99%, ma niente paura! Infatti l’acido oleico, che fa la parte del leone, ha benefici che vanno ben oltre la protezione cardiovascolare. È un monoinsaturo, quindi con un solo doppio legame, che lo rende resistente all’ossidazione; insieme ad altre sostanze contribuisce a conservare il prodotto e ad evitarci i radicali liberi.
Il contenuto di acido oleico, che in un buon olio deve essere almeno del 70%, varia a seconda di fattori come il grado di maturazione delle olive, il periodo di raccolta e la temperatura. I nostri oli ne sono più ricchi, mentre lo sono meno quelli spagnoli e greci (questi ultimi contengono più acido stearico, che è un saturo trasformato nel fegato in oleico e capace di ridurre il colesterolo cattivo). L’altro grasso presente, ma in minor misura (max 10% in un buon olio) è il linoleico, abbondante in semi oleosi ed oli derivati. È un acido grasso della serie omega 6, essenziale per l’organismo ma in dosi ridotte rispetto all’oleico.

Ricchezza di antiossidanti
Insieme, gli antiossidanti contribuiscono ad evitare l’ossidazione del prodotto e l’invecchiamento precoce delle nostre cellule (il noto effetto antiaging). Accanto alla vitamina E troviamo carotenoidi e clorofilla, che danno colore all’olio e, soprattutto, fenoli. Nel 2011 l’autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa) ha emesso un parere scientifico secondo cui l’olio con alti livelli di fenoli (almeno 300 mg) riduce lo stress ossidativo.

Cuore, e non solo
Questi componenti, supportati anche dai fitosteroli (che riducono i livelli di colesterolo “cattivo” Ldl), concorrono nel ridurre l’infiammazione – che favorisce la formazione e deposizione della placca – e nel migliorare il metabolismo lipidico. In più l’olio extravergine contribuisce a diminuire la pressione arteriosa e la glicemia e a migliorare la digestione dei carboidrati, importante per la prevenzione del diabete. Gli antiossidanti dell’olio, e forse anche l’oleico, aiutano a prevenire alcuni tumori (seno, colon e pelle). In particolare, secondo uno studio spagnolo del 2020, questi migliorano la composizione del microbiota, in un’ottica preventiva del cancro al colon-retto. Infine, alcuni studi hanno rilevato che una dieta a lungo termine con un contenuto medio-alto di fenoli può proteggere dall’Alzheimer e dal declino moderato.

Quello buono
Per godere di questi benefici non basta un olio qualsiasi: ci vuole un extravergine, che è di prima spremitura, ottenuto a freddo e con un’acidità massima di 0,8 g/100 g. Un olio di qualità presenta tutte le caratteristiche organolettiche, chimiche e di gusto tipiche di una corretta tecnica agronomica e di un’attenta lavorazione delle olive, fino al corretto stoccaggio e imbottigliamento finale. Un olio “da prezzo” o da grande distribuzione è normalmente prodotto secondo tecniche di raccolta, stoccaggio delle olive e trasformazione che non seguono le regole descritte; proviene da altri Paesi, è scarsamente ricco di componenti fenolici e vitamina E e, nella maggior parte dei casi, viene miscelato con oli di scarsa qualità, addirittura vergini e non extravergini.

Come scegliere
Trovare un buon olio in una nazione come la nostra, seconda al mondo (dopo la Spagna) per la produzione, non è poi così difficile. I principali criteri sono il profumo, il sapore e il prezzo.
Esame olfattivo e gustativo. Il profumo è di olive spremute. Il sapore è connotato soprattutto da note amare e piccanti (positive, perché indicano rispettivamente la presenza di polifenoli e di oleocantale). Anche il fruttato è positivo, segnala l’uso di olive sane. Anche se non sempre un palato poco esercitato se ne accorge, le note variano poi “dal floreale al legnoso, dal mandorlato al vegetale. Non devono assolutamente esserci il retrogusto rancido (simile a quello ceroso dei pastelli per intenderci) o vinoso/acetoso; perché nel primo caso significa che l’olio si è ossidato e nel secondo che le olive sono state conservate troppo a lungo prima di essere spremute. Attenzione anche al retrogusto di muffa: significa che le olive sono state attaccate da muffe o lieviti prima della lavorazione o che sono state conservate a terra invece che nei contenitori raccomandati per la raccolta”, avverte Vignoli.
Prezzo. La variabilità dipende da molti fattori: il clima, la resa delle piante in base ad età e cultivar, le modalità di raccolta, il tipo di impianto dell’oliveto (quello tradizionale ha meno piante ed è meno meccanizzato). Un oliveto moderno può comunque offrire un buon olio a un prezzo contenuto (ma non irrisorio), e l’acquisto diretto in un frantoio può essere conveniente, ma il top si paga. “Un buon olio, ricco di composti fenolici, difficilmente si può trovare sugli scaffali a meno di 15 € al kg”.

Come conservarlo
Luce e calore eccessivo (per esempio vicino ai fornelli) sono nemici dell’olio. Contro la luce bene le bottiglie scure e i recipienti di latta o inox. Niente plastica, ovviamente! Dopo l’uso, il recipiente va tappato con cura: l’ossigeno è un altro nemico dell’olio, capace di alterarne la composizione chimica. Se acquistate l’olio in latta da 5-10 l, abbiate l’accortezza di travasarlo in contenitori più piccoli: gli spazi vuoti contengono ossigeno. Infine è bene ricordare di consumarlo entro 18 mesi dalla produzione, meglio ancora 12. L’olio non filtrato si conserva di meno, quindi va utilizzato solo nei primi mesi della produzione.

Alta gastronomia
Per chi volesse cimentarsi a casa con l’accostamento oli-cibi, ecco alcuni consigli.
Per facilità di comprensione, gli oli evo si possono distinguere in tre tipologie principali: fruttato delicato, mediamente intenso, fruttato intenso. Si parte quindi da note lievi e poco accentuate fino alle note amare e piccanti, leggermente astringenti e sapide. I fruttati delicati si abbinano ottimamente con salse bianche come la maionese, insalate delicate come la valeriana, verdure all’agro, vinaigrette. I mediamente intensi si sposano con zuppe e minestre, piatti crudi o con le classiche bruschette olio e aglio e olio e pomodoro. Infine gli intensi si prestano per le verdure alla griglia o per un classico ma mai banale spaghetto aglio, olio e peperoncino”.
AIDO ringrazia Fondazione Vita e Salute e la Chiesa Cristiana Avventista che con il suo 8×1000 sostiene la promozione di un percorso di informazione e sensibilizzazione sulla prevenzione e insieme un gesto concreto verso la promozione della cultura del dono.