prostata

Mettiamo a fuoco la prostata

Sintomi da riconoscere. Diffusione di ipertrofie anche tra i meno anziani. Alimentazione e sedentarietà alla base del tumore alla prostata. Quello che c’è da sapere per una valida prevenzione  

Tra i fattori di rischio del tumore alla prostata, oltre all’età e alla familiarità, ci sono lo stile alimentare e di vita: dieta ricca di grassi saturi, obesità, mancanza di esercizio fisico. Sono tutte abitudini che possono agire negativamente sullo sviluppo del tumore alla prostata.

Di Vita&Salute

Una minzione un po’ stentata, la visita dall’urologo e una diagnosi di leggera ipertrofia prostatica, con necessità di ulteriori accertamenti. È un tipico percorso indice di una situazione che riguarda un organo che in Italia, dopo gli 80 anni, presenta un tumore nel 70% degli uomini. Ma le patologie benigne che colpiscono la prostata sono molto più comuni rispetto agli adenocarcinomi (forme maligne), soprattutto dopo i 50 anni, e talvolta provocano sintomi che potrebbero essere confusi con quelli del tumore. Nell’iperplasia prostatica benigna (Ipb) la porzione centrale della prostata si ingrossa e la crescita eccessiva di questo tessuto comprime l’uretra, canale che trasporta l’urina dalla vescica all’esterno attraversando la prostata che, compressa, crea problemi nel passaggio dell’urina.

Chi lo favorisce

Ma chi è a rischio per il tumore alla prostata? Le cause reali del carcinoma sono ancora sconosciute. Ma, di contro, è noto che ci sono alcune condizioni capaci di incrementare la probabilità di ammalarsi. Fra i principali fattori di rischio c’è l’età. Risulta più difficile ammalarsi prima dei 40 anni e il rischio si incrementa notevolmente dopo i 50. Rispetto a ciò i dati parlano chiaro: due tumori su tre sono diagnosticati in soggetti che hanno più di 65 anni e i non pochi casi non dà sintomi particolari.

Un altro fattore di rischio di cui tenere conto è la familiarità. Chi ha un parente o un consanguineo che ha sofferto di questa malattia ha un rischio di ammalarsi pari al doppio rispetto a chi non ha mai evidenziato casi in famiglia.

Altrettanto fondamentali sono i fattori di rischio legati a uno stile alimentare e di vita errato: dieta ricca di grassi saturi, obesità, mancanza di esercizio fisico. Sono tutte abitudini che possono agire negativamente sullo sviluppo del tumore alla prostata. La dieta vegetariana o vegana sembrerebbe invece svolgere un’azione protettiva. Andrebbero privilegiati in particolare gli ortaggi gialli e verdi, l’olio d’oliva e la frutta. Un utile vademecum su che cosa si deve mangiare e che cosa no per prevenire i tumori in genere, e dunque anche alla prostata, ce lo fornisce il dottor Franco Berrino, epidemiologo di fama internazionale: “Cereali non raffinati, riso integrale, legumi, tante verdure e tanta frutta di stagione, preferendo cibi biologici. E tra la frutta metto anche noci e nocciole. Vanno limitate le carni rosse e gli alcolici. Da evitare le carni lavorate, che per noi italiani sono soprattutto i salumi, e le bevande zuccherate. Non è difficile da attuare, si tratta ditagliare gli zuccheri, che ‘nutrono’ il rischio di tumori, e ridurre le proteine animali contenute nelle carni rosse. Se ne assumono davvero troppe. Eppoi, evitare la sedentarietà, praticando tanto moto”.

Da aggiungere, tra i vegetali, le proprietà benefiche del licopene, contenuto nei pomodori, che si rivela protettivo per la salute della prostata.

Opinioni controverse

Se le buone notizie arrivano dalla prevenzione primaria, come vanno le cose con quella secondaria, su quello che conosciamo sotto il nome di screening?

Sugli esami preventivi troviamo pareri molto discordanti. Da una parte ci sono le istituzioni sanitarie americane che disincentivano fra le persone il ricorso al test del Psa (antigene prostatico specifico); dall’altra la comunità uro-oncologia europea ha criticato questo atteggiamento. Negli ultimi anni sta prevalendo, però, la posizione in base alla quale l’esame del Psa non dovrebbe essere utilizzato in maniera indiscriminata come strumento di screening del tumore della prostata. Perché? La sensibilità del test varia dal 70 all’80% e quindi il 20-30% delle neoplasie non viene individuato quando il Psa viene utilizzato come unico mezzo diagnostico.

In ogni caso, il dibattito è ancora aperto in quanto molto spesso i valori sono alterati per la presenza di un’iperplasia benigna o di un’infezione. Per questa ragione negli ultimi anni si è osservata una riduzione dell’uso del test: tutto deve essere deciso dal rapporto fra lo specialista e il paziente. In particolare, la misurazione sierica del Psa va valutata attentamente in base all’età del paziente, la familiarità, l’esposizione a eventuali fattori di rischio e la storia clinica.

I progressi nella cura del tumore alla prostata, allora, arriveranno su altri fronti: nuove terapie, marker di malattia e studi genetici.

Un robot per amico

Nel frattempo, si sono sviluppate anche nuove tecnologie dal punto di vista chirurgico. Per esempio, il “da Vinci X”.  Siamo di fronte a un sistema robotico che interpreta in modo intuitivo i movimenti del chirurgo, azzerandone il fisiologico tremore. Il sistema consente anche una reale visione 3D, con un’efficace magnificazione dei dettagli anatomici. Quali sono i vantaggi della chirurgia robotica? Piccole incisioni con, ovviamente, migliori risultati estetici; minore necessità di ricorrere alle trasfusioni; minor dolore dopo l’intervento, riduzione dei tempi di degenza che in alcuni casi risultano addirittura dimezzati. Questa chirurgia permette il trattamento di tumori al rene, di patologie ostruttive o malformative dell’uretere e il trattamento, in casi selezionati, di patologie pelviche.

Esami da fare

Per quanto possa sembrare strano, il cancro della prostata non si manifesta con sintomi specifici. In definitiva i disturbi che si riscontrano sono gli stessi che compaiono nell’iperplasia prostatica benigna: indebolimento del getto delle urine; frequente e incontenibile necessità di urinare, sia di giorno che di notte; possibile dolore alla minzione e presenza di sangue nelle urine (in alcune occasioni). I sintomi compaiono solo se la neoplasia è abbastanza voluminosa da esercitare pressione sull’uretra. È difficile, quindi, che siano presenti se la malattia è in stadio iniziale e di piccole dimensioni.

Per accertare una corretta diagnosi del tumore alla prostata ci si deve sottoporre all’esplorazione rettale (Er). È un esame semplice grazie al quale l’urologo può individuare la presenza di noduli prostatici sospetti. La maggior parte della popolazione maschile cerca di sottrarsi a questo tipo di indagine. In realtà, è una visita semplice e indolore che tuttavia richiede una buona esperienza da parte dell’urologo. Se la ricerca del Psa e l’esplorazione rettale danno luogo a un sospetto di neoplasia prostatica, si consiglia di effettuare una biopsia della prostata. Per quanto riguarda il Psa, abbiamo prima esaminato alcuni suoi aspetti controversi. È in grande evoluzione l’uso della risonanza magnetica multiparametrica.


AIDO ringrazia Fondazione Vita e Salute e la Chiesa Cristiana Avventista che con il suo 8×1000 sostiene la promozione di un percorso di informazione e sensibilizzazione sulla prevenzione e insieme un gesto concreto verso la promozione della cultura del dono.

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