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L’ultimo messaggio di Amy Silverstein, la scrittrice vissuta grazie a un doppio trapianto di cuore

Se n’è andata a 59 anni per un tumore. Nella vita aveva subito due trapianti cardiaci, a 25 e a 50 anni. Il giorno prima di morire ha pubblicato sui social un appello rivolto a chi come lei ha subito un trapianto, invitando a raccontare la propria esperienza e spingere il progresso scientifico. Perché «la donazione di organi è miracolosa. La medicina dei trapianti no»

Amy Silverstein è stata una delle persone con un trapianto di cuore più longeve degli Stati Uniti. Se n’è andata il 5 maggio a causa di un tumore al polmone, all’età di 59 anni.

Firma del New York Times, nonché autrice di due libri – Sick Girl e My Glory Was I Had Such Friends – Amy aveva subito due trapianti di cuore, il primo a 25 anni e il secondo a 50. «Voglio parlarvi per l’ultima volta, visto che le condizioni del mio corpo stanno peggiorando irrimediabilmente…», ha detto in un video messaggio pubblicato poco prima di morire, nel quale Amy si rivolge in modo specifico a chi come lei ha subito un trapianto, per esortarlo a raccontare la propria esperienza e a condividerla con l’American Society of Transplantation, la più grande organizzazione di professionisti che studiano i trapianti. Obiettivo: guidare la ricerca verso i cambiamenti necessari per migliorare i farmaci immunosoppressori impiegati nei trapianti di organi. «I medici hanno bisogno della vostra voce, la voce dei pazienti», ribadisce in video la scrittrice.

Già lo scorso 23 aprile, con un video apparso nel programma Sunday Morning, Amy aveva raccontato con grande delicatezza e positività la storia della sua vita, lasciando messaggi di speranza, ottimismo e gratitudine.

«Ieri sera ho salito i 13 gradini che portano alla mia camera da letto, e quando sono arrivata in cima, mi sono messa una mano sul cuore e ho detto “grazie”», esordisce Amy nel video. «Perché la salita è stata facile, perché la salita è stata spinta dal magnifico cuore sano di un donatore. Ho vissuto con due cuori donati da altri per oltre 35 anni. Ho subito il mio primo trapianto a 25 anni e, quando non funzionava più, ho avuto il secondo a 50 anni. A gennaio, però, le mie attività quotidiane sono diventate difficili. I test hanno mostrato che il mio cuore era perfetto, ma ulteriori esami hanno rivelato la presenza di un cancro incurabile ai polmoni. Morirò presto».

Amy ha quindi ripercorso i momenti salienti della sua vita, quelli che l’hanno fatta sentire una donna felice e realizzata. Spiegando tuttavia i grossi limiti dell’attuale medicina dei trapianti, ancora troppo poco studiata.

«Ho avuto una vita straordinaria. Ho finito gli studi di legge, ho avuto un amore epico con mio marito, ho avuto modo di crescere nostro figlio. Ho avuto amicizie gloriose. Ho scritto due libri. E sono tanto grata, come ogni paziente trapiantato che abbia mai incontrato. Ma troppo spesso questa intensa gratitudine crea un mantello di silenzio che nasconde la realtà della vita del trapianto. Il fatto è che la donazione di organi è miracolosa. La medicina dei trapianti no. In 40 anni c’è stato un cambiamento molto limitato nei farmaci che i pazienti assumono quotidianamente per prevenire il rigetto degli organi dei loro donatori. Questi farmaci immunosoppressori continuano a devastare il corpo, aumentando drasticamente il rischio di diabete, insufficienza renale, infezioni pericolose e, sì, tumori. E tutto questo è ben nascosto dietro quella pervasiva gratitudine che i destinatari provano per i loro organi donatori. Quando ti viene dato tutto, c’è una pressione sottile ed esplicita a non chiedere niente di più».

«In 40 anni c’è stato un cambiamento molto limitato nei farmaci che i pazienti assumono quotidianamente per prevenire il rigetto degli organi dei loro donatori. E questi farmaci immunosoppressori continuano a devastare il corpo».

«Ciò limita il dialogo e rimuove il senso dell’urgenza di apportare miglioramenti significativi al regime esistente di farmaci per i trapianti. Forse è per questo che l’aspettativa di vita dei pazienti trapiantati di cuore non è cambiata sostanzialmente dal mio primo trapianto nel 1988. O perché la ricerca di nuovi farmaci per i trapianti è cronicamente sottofinanziata. Quindi, sto parlando ora, finché posso ancora, per il cambiamento, e per tutti i trapiantati che ho conosciuto che sono morti perché le medicine non sono state all’altezza. E per le famiglie donatrici che hanno dato vita a questi pazienti. Meritano molto di più. E non c’è niente di ingrato nel dirlo».

La famiglia di Amy ha reso nota la sua scomparsa con una nota pubblicata sui social, in cui rivela che la scrittrice si è spenta serenamente nel sonno il 5 maggio 2023. Ha aggiunto che i suoi account, però, saranno mantenuti attivi. Serviranno a fornire aggiornamenti sugli sviluppi nel campo dei trapianti.

(Alice Politi, vanityfair.it)

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