Fino a cinque ore di attività aerobica e due sedute di forza a settimana per evitare patologie al cuore: ecco la ricerca del Sant’Orsola di Bologna e Usl Romagna
L’attività fisica regolare non solo viene consigliata dopo un trapianto, ma può anche ridurre il rischio di patologie cardiovascolari nei pazienti che hanno ricevuto un fegato, un cuore o un rene. L’obiettivo è lottare contro la tendenza all’obesità che si riscontra nel 50% dei pazienti dopo l’intervento.
Ecco i dati. Per i trapianti di fegato si registra il 64% in più di rischio nei 10 anni successivi rispetto alla popolazione generale, per il cuore, la principale causa di morte a 3 anni dall’intervento è relativa alla vasculopatia cardiaca post trapianto, mentre per il rene l’incidenza di eventi cardiovascolari aumenta nel tempo: il 5% a un anno dal trapianto, sale all’8,1% dopo cinque anni, per arrivare all’11,9% dopo 10 anni.
Sono alcuni dei numeri da cui parte l’accordo dell’Irccs Sant’Orsola e dell’Azienda Usl di Romagna – con il contributo del Centro nazionale trapianti e del Centro riferimento trapianti – che hanno messo in comune competenze in ambito di ricerca e di supporto dei pazienti anche dopo l’intervento.
Un campione di circa 400 trapiantati di fegato o rene è al centro dello studio che ha l’obiettivo di provare la diminuzione del rischio cardiovascolare grazie a un percorso specifico di attività fisica regolare e controllata insieme a una dieta nutrizionale bilanciata: si valutano la percezione della qualità di vita e la variazione del quadro infiammatorio complessivo del soggetto trapiantato.
Per ogni paziente viene fatta una valutazione funzionale relativa alla capacità aerobica e di forza svolta nel Centro di medicina dello sport dell’Ausl di Bologna o dell’Ausl Romagna e poi consegnata una prescrizione dell’esercizio fisico personalizzata, che può essere svolta in autonomia o in palestre certificate (palestre della salute). Seguono incontri e valutazioni regolari dell’andamento del percorso a 6, 12, 24 e 36 mesi. L’esercizio fisico prescritto ha come schema di riferimento quello previsto dalle linee guida dell’Oms 2020: 150-300 minuti di attività aerobica e 2 sedute di forza alla settimana da personalizzare su esigenze del paziente.
In generale, la ricerca risponde alla sempre maggiore consapevolezza sul beneficio dell’attività fisica anche per questi soggetti: rispetto alle indicazioni del passato, infatti, dove si sconsigliava l’attività fisica ai pazienti trapiantati per tutelare l’organo, con barriere psicologiche che ora si cerca di superare. Numerosi studi condotti su pazienti trapiantati d’organo, stabilizzati da un punto di vista clinico e che praticano abitualmente attività sportiva, hanno dimostrato che tali attività non hanno effetti negativi sui parametri clinici della funzionalità dell’organo, con un andamento paragonabile ai soggetti sani.
Attualmente, quindi, la comunità scientifica è ampiamente convinta del contributo che lo sport regolare può comportare nella vita di chi ha ricevuto un trapianto. Dalla migliore ossigenazione dei tessuti, a un recupero post-operatorio più rapido, passando per la fiducia psicologica e l’effetto stabilizzante a livello neurologico grazie alla produzione di endorfine.
Un ulteriore aspetto che i ricercatori tengono in considerazione è l’aumento di peso: nel periodo successivo al trapianto si riscontra una tendenza all’obesità nel 50% dei pazienti, compresi coloro che non lo erano prima dell’intervento, con un aumento del peso corporeo tra il 10% e il 35%. Per questo, viene effettuata anche una valutazione dello stato nutrizionale dei pazienti a cui corrispondono consigli dietetici specifici.