Recenti scoperte hanno visto che la gentilezza agisce sul DNA, migliora la salute del cuore e riduce lo stress. Due grandi esperti ci spiegano il potere di un atteggiamento mentale. E come svilupparlo
C’è una grande novità: un numero sempre maggiore di ricerche conferma che gentilezza, ottimismo, empatia ci proteggono dall’invecchiamento. E su questo possiamo lavorare per rallentare l’accorciamento dei telomeri, la porzione modificabile del Dna che si riduce con il passare degli anni. Un atteggiamento corretto nei confronti dei nostri simili è in definitiva un beneficio per la nostra salute e per le persone che ci circondano
di Vita&Salute
Viviamo in tempi difficili, e forse per questo mai come oggi abbiamo sentito il bisogno di gentilezza. Lo spiegano bene nel saggio Biologia della Gentilezza Daniel Lumera e Immaculata De Vivo (Mondadori, pp. 360, € 19,00), un famoso docente e maestro di meditazione e un’importante ricercatrice, docente all’università di Harvard dove studia i meccanismi biologici dell’invecchiamento. Lo raccontano rivelando alcune importanti novità: “Un numero sempre maggiore di ricerche conferma che gentilezza, ottimismo, empatia ci proteggono dall’invecchiamento”, spiega De Vivo. Il dato positivo è che su questo possiamo lavorare, per rallentare l’accorciamento dei telomeri, la porzione modificabile del Dna che si accorcia con il passare degli anni. “La gentilezza offre diversi vantaggi, a livello biologico ma anche relazionale, permettendoci di sviluppare inclusività, empatia e compassione: capire le esigenze dell’altro ci permette di acquisire abilità sociali fondamentali per sviluppare relazioni felici”, spiega Lumera. Possiamo rendercene conto nelle interazioni con amici o familiari, ma anche – e forse ancor più – nelle situazioni difficili: “Perché in una situazione conflittuale la gentilezza ci permette di spiazzare l’interlocutore”, esemplifica Lumera, “spiegandogli che capiamo il suo disagio, che ci rendiamo conto che la sua rabbia è in realtà una richiesta di amore”.

Prenderci cura dell’altro è rivoluzionario
Daniel Lumera afferma che “non c’è bisogno di avere un nemico per vincere. Pensiamo a personaggi come Gandhi o come Nelson Mandela, che con un atteggiamento non violento hanno cambiato la storia del loro Paese e quella del mondo”. E ci propone di ribaltare il nostro punto di vista rispetto ai conflitti: “Noi oggi viviamo in una società reattiva, mentre la gentilezza ci spinge a comportarci in modo non reattivo, prescindendo dall’atteggiamento dell’altro. Prenderci a cuore il nostro interlocutore, scoprire la forza dell’inclusività, è davvero rivoluzionario, soprattutto in un momento in cui si tende a far emergere il nostro senso di identità, di appartenenza proprio dall’aggressività, e da un atteggiamento violento nei confronti dell’altro”.

La rabbia può essere anche gentile
Essere gentili significa anche capire quando ci si deve fermare, per ascoltarci e per ascoltare. E a livello collettivo è un elemento di inclusione: “Dobbiamo andare oltre il nostro ego, imparare a dire ‘noi’”, sottolinea Lumera. “È importante ricordare che anche a livello biologico siamo connessi ad altri organi viventi, basti pensare ai microrganismi che contribuiscono a mantenerci in salute. E questi mesi di pandemia ci stanno insegnando quanto sia importante sviluppare interdipendenza e inclusività nei confronti dei nostri simili”. Anche la rabbia può essere espressa in modo gentile, se nasce da un intento amorevole, dal desiderio di fare qualcosa per il nostro interlocutore.

L’importanza di imparare ad accettarci senza giudicarci
E se nel linguaggio corrente una parola come “gentilezza” può apparire banale e anche un po’ antiquata, approfondendone i significati se ne intuisce la complessità: “Possiamo dire che si tratta di un termine ombrello, che comprende il perdono, l’empatia, l’ottimismo, l’essere gentili anche con se stessi”, osserva De Vivo. E proprio questo è per molti il passaggio più difficile: “Essere gentili con se stessi significa imparare ad accettarci senza giudicare: è un punto molto importante di cui spesso ci dimentichiamo, ritrovandoci a essere i giudici più severi di noi stessi”, conclude Lumera, “mentre dovremmo imparare a comprendere la nostra rabbia, la frustrazione e l’impotenza. A capire che molte delle nostre azioni sono in realtà una risposta al nostro dolore esistenziale”.

Regole d’oro per aiutare il cuore e contro lo stress
– La gentilezza è lo strumento più efficace per vivere a lungo, in salute e felicemente: uno studio realizzato nel 2018 all’università di Oxford mostra che praticare attivamente la gentilezza aumenta sostanzialmente il nostro livello di felicità.
– Essere gentili ci permette di esprimere un senso di appartenenza fondato su mutuo riconoscimento, rispetto e cura benevola.
– Impariamo ad ascoltare davvero i nostri interlocutori e, se possibile, a comprendere il loro punto di vista senza lasciarci sopraffare dal nostro ego.
– Impariamo a “passare il favore”: compiere un piccolo atto di gentilezza senza aspettarci niente in cambio. E se qualcuno è gentile con noi, facciamo a nostra volta una gentilezza a qualcun altro in modo da attivare una vera e propria “catena” di gesti gentili.
– La gentilezza è il modo migliore che abbiamo per entrare in relazione con gli altri, per comunicare, risolvere problemi e realizzare obiettivi.
– Essere gentili, con noi stessi e con gli altri, ci aiuta a combattere lo stress e le patologie cardiovascolari e in generale a mantenerci in salute.
– Viviamo in un mondo complicato: non pretendiamo di dare – o ricevere – risposte semplici a problemi complessi, impariamo a tollerare l’incertezza e ad ammettere la possibilità dell’errore.
– Diffidiamo di chi parla per frasi fatte o comunica in modo oscuro senza spiegare e senza dimostrare con il ragionamento la validità di quanto affermato.
– Impariamo a fare buone domande, agli altri come a noi stessi: è una delle doti fondamentali del cittadino consapevole.
AIDO ringrazia Fondazione Vita e Salute e la Chiesa Cristiana Avventista che con il suo 8×1000 sostiene la promozione di un percorso di informazione e sensibilizzazione sulla prevenzione e insieme un gesto concreto verso la promozione della cultura del dono.