L’indagine dell’Istituto superiore di sanità sulle dichiarazioni di volontà dei cittadini.
Il dottor Lopane: «Un atto di solidarietà che aiuta i familiari al momento del lutto»
Il Centro nazionale trapianti ha diramato il proprio report. È un documento dell’Istituto Superiore della Sanità per l’anno in corso e che si basa sui dati compresi dal primo gennaio al 31 dicembre del 2022. Si chiama “indice del dono” e fornisce una fotografia dell’impegno profuso dai comuni italiani nella gestione complessiva del servizio di registrazione della dichiarazione di volontà sulla donazione di organi e di tessuti in occasione del rilascio della carta d’identità. Sono stati presi in considerazione i flussi dei dati provenienti dal sistema carta identità elettronica(CIE) e registrati nel sistema informativo trapianti (SIT).
Livorno virtuosa
Ed ecco che Livorno, nella classifica dei dieci comuni italiani con oltre 100 mila abitanti, compare al secondo posto ex aequo con Sassari (67,49%), alle spalle di Trento, prima, segnando 69,76%. Con sorpresa, vediamo pure che fra i comuni con meno di 5 mila abitanti, spunta Capraia con un bel 9° posto. Finisce qui? Assolutamente, no. Perché poi la classifica delle province diventa completa e la si può scorrere dal primo posto fino all’ultimo. E se la leadership spetta questa volta a Nuoro col 71,63% con Tento che scivola al secondo posto, Livorno regge il confronto perché si colloca alla settima posizione con il 65,56%. «È l’indole livornese, il nostro dna che non si smentisce mai – dice Paolo Mati, fresco nuovo presidente dell’Aido cittadina – e che dimostra un cuore d’oro grande così». In effetti, è evidente che al momento in cui si va a fare la carta d’identità elettronica, alla domanda se siamo favorevoli alla donazione degli organi, c’è la giusta sensibilità per pensare agli altri. Si può sempre migliorare tuttavia, la guardia non va mai abbassata e anche le istituzioni possono fare di più. Non tanto per scalare la classifica (Livorno è città solo “donatrice”, non si fanno trapianti al nostro ospedale ndr), ma per dimostrare con maggiore forza che pensare al prossimo non è cosa sbagliata».
Parla il medico
Paolo Lopane coordinatore dell’area vasta Nord-Ovest dell’Organizzazione Toscana Trapianti, è chiaro su un punto dove si può far leva tutti insieme per risultati più grandi. «Il cittadino per la legge dello Stato 91/99 è invitato ad esprimere in vita la dichiarazione in merito agli organi. E la domanda che andrebbe formulata ovunque quando si va a fare la carta di identità elettronica è una: Dopo la propria morte, lei avrebbe piacere di donare i propri organi per ridare a qualcun altro una prospettiva di vita?». Recitata in questo modo, forse uno potrebbe ponderare meglio la propria risposta. E chissà, se prima di entrare nell’ufficio fosse contrario, si convincerebbe che dire sì, potrebbe essere invece la cosa migliore. Dice di più, Lopane, sgombrando il campo anche sulla questione anagrafica. Perché, a qualsiasi età si passi a miglior vita, ci può essere sempre qualche organo prezioso per un’altra persona. Anche a cento anni. È già accaduto con successo. E non importa se uno abbia avuto diabete, un tumore o una malattia infettiva. «Questa è roba che valuta poi un medico sul momento – riprende -. C’è un sistema molto rigoroso sul prelievo. E quando si decide un trapianto, significa che quegli organi sono sicuri. Cioè non possono trasmettere patologie al ricevente. Quale che sia l’età e la storia clinica della persona durante la sua vita». Lopane prosegue testimoniando la sua esperienza. «Dichiarare in vita la propria volontà in merito alla donazione degli organi a scopo di trapianto dopo la propria morte, rappresenta un atto di grande solidarietà umana, di autodeterminazione e che evita ai propri familiari il peso di dover decidere in un momento drammatico in merito alla donazione. Diventa tutto meglio affrontabile, a quel punto, per legge e per etica, realizzare il progetto di fine vita della persona. Compreso l’aspetto donativo. Anche meno doloroso per la famiglia. Livorno è una provincia che ha dato una bella risposta, testimoniando una maturità culturale come popolazione, non indifferente».
Il lavoro dei volontari
Prezioso. Se vai alla sede di Viale Carducci 16, incontri Sergio Carretta, 50 anni fra Misericordia di Antignano e Aido. «L’ho vista nascere questa associazione, e all’inizio eravamo in via della Madonna». E lo testimonia pure Maria Lina Cosimi, sposata con Maurizio Ulacco, che di Aido è vice presidente nazionale. «Facciamo da anni un gran lavoro nelle scuole assieme alle altre associazioni del dono che sono Avis e Admo (donatori midollo osseo ndr). Abbiamo una buonissima collaborazione che ha permesso un avanzamento dalla terza posizione dell’anno scorso, alla seconda attuale. E come tessere Aido, siamo al primo posto regionale».
Dopo la legge del ’99 di Rosy Bindi è cominciata l’organizzazione più strutturata anche se non c’era una banca dati e il trapianto era lusso per ricchi che andavano all’estero. Il sistema sanitario è partito dai dati iniziali Aido e limitata agli iscritti di essa. Piano piano il sistema si è affinato, è cresciuto ed oggi ci sono molte più persone potenziali donatrici. «Nelle scuole si dà un messaggio non solo ai ragazzi, ma questi possono portarlo poi anche nelle proprie famiglie. Donare si può a tutte le età. Il fegato di una nonna di 96 anni ha permesso di salvare due giovani. Ecco perché dire un sì ha grande valore che annulla qualsiasi differenza anagrafica».
(Flavio Lombardi, iltirreno.it)