DOPO IL COVID, SEMPRE PIÙ RAGAZZI IN CERCA DI AIUTO

Crescono i disagi psichici tra gli adolescenti, dall’ansia alla depressione. E i genitori si trovano spesso spiazzati, non sapendo che fare. I consigli per intervenire in modo efficace

Di Vita&Salute

Il sintomo più diffuso tra chi è veramente in crisi è il ritiro sociale, con attacchi di panico o ansia acuta che portano i ragazzi a uscire sempre meno e a non andare a scuola, perdendo anni scolastici. Spesso anche manifestazioni etichettate come dipendenza da Internet sono in realtà forme di ritiro legate all’incapacità di dare un senso al tempo che scorre.

Che sta succedendo a ragazze a ragazzi? Il Covid ha acuito malesseri tipici dell’adolescenza facendo emergere nuovi problemi, e il risultato è drammatico: secondo l’Osservatorio nazionale adolescenza, nell’ultimo anno il 25% dei giovanissimi ha sperimentato vissuti depressivi e il 20% problemi legati ad ansia, disturbi di panico e fobia sociale. Ma secondo i dati emersi dagli sportelli di ascolto organizzati dall’osservatorio nelle scuole sono aumentati anche autolesionismo, atti di bullismo e disturbi del comportamento alimentare.“Il problema è la paura di vivere, i vissuti depressivi di fronte a una realtà difficile. Ci sono ragazze e ragazzi che non vogliono più andare a scuola o uscire di casa”, spiega la direttrice dell’Osservatorio adolescenza Maura Manca (www.adolescienza.it).

L’età dei casi diminuisce
Anche negli studi di psichiatria l’età dei pazienti si è abbassata, e sono in aumento i ricoveri in neuropsichiatria o in pronto soccorso dovuti a stati di agitazione grave, autolesionismo o minacce di suicidio. Ci sono studi che mostrano come stiano emergendo meno aggressività e atteggiamenti di ribellione, che sono un comportamento tipico dell’adolescenza, e più infelicità, forme di ritiro sociale che potremmo considerare un moderno eremitaggio, accompagnate da una difficoltà di accettare i cambiamenti del corpo, come mostra la diffusione dei disturbi del comportamento alimentare.

Tra reazioni funzionali e patologiche
Anche se bisogna distinguere la fisiologica reattività dell’adolescenza dalla fatica di adattarsi alla pandemia, un problema che in qualche modo ci riguarda tutti. Il tratto di nevroticità della popolazione in generale oggi è molto elevato, e si tratta di una reazione sana di fronte a un evento stressante, rispetto per esempio a un atteggiamento persecutorio-paranoicale. A preoccupare semmai è la dimensione sfiduciata di chi arriva a percepire il mondo come invivibile, ed è portato a ritirarsi in casa. Ovviamente, non tutti esprimono il disagio allo stesso modo: ci sono differenze di genere. Il comportamento dei maschi è più esternalizzato, portato all’azione, alle esplosioni di violenza fisica nei confronti dei genitori ma anche di estranei, quello delle femmine più internalizzato, l’aggressività di solito è verbale e si rivolge a familiari o comunque a persone che appartengono alla propria cerchia. In parte si tratta di fenomeni fisiologici legati all’adolescenza, un’età di evoluzione che comporta rischi di destabilizzazione da vari punti di vista, dal controllo degli impulsi alla relazione col piacere.

Segnali di malessere
Ma quali sono i segnali di allarme cui prestare attenzione? Il sintomo più diffuso ed eclatante tra chi è veramente in crisi è il ritiro sociale, giustificato da attacchi di panico o ansia acuta che portano i ragazzi a uscire sempre meno e a non andare a scuola, arrivando a perdere anni scolastici. Spesso anche manifestazioni etichettate come dipendenza da Internet sono in realtà forme di ritiro legate all’incapacità di dare un senso e un orientamento al tempo che scorre. Un atteggiamento che disorienta i genitori, che si sentono impotenti di fronte a un comportamento che è anche un rifiuto della famiglia, dei fratelli, e spesso finiscono col portare i pasti in camera al figlio, o lo vedono alimentarsi andando in cucina nelle ore notturne. Meno diffuso ma in aumento, soprattutto tra le ragazze ma non solo, è l’autolesionismo, il tagliarsi soprattutto sulle braccia o a volte nell’interno coscia, che è un modo di scaricare tensioni provocandosi un dolore fisico e attivando reazioni fisiologiche che danno sollievo. Un fenomeno che può essere legato alla difficoltà di gestire la rabbia e a volte si accompagna con altre patologie, come disturbi dell’alimentazione. Senza dimenticare che ci sono anche casi in cui un occasionale comportamento autolesionista può essere una delle tante esperienze occasionali che i ragazzi fanno durante l’adolescenza, per provare o imitare un amico, senza che ci siano dietro condizioni patologiche gravi. Più preoccupanti, semmai, sono le allusioni al suicidio o i veri e propri tentativi. I ragazzi parlano spesso di togliersi la vita, ma ora stiamo vedendo un passaggio all’atto troppo repentino, senza riflettere. E se questo è un atteggiamento tipico dell’adolescenza, oggi sembra diventare un modo per non affrontare o affrontare in modo disfunzionale problemi che spaventano, come un brutto voto o una lite.

E spesso i genitori si trovano poco attrezzati a gestire le emergenze. Oggi la famiglia è certamente più democratica rispetto al passato ma c’è anche più disorientamento, le relazioni tra genitori e figli sono più strette ma anche più paritarie. E anche i ruoli sessuali si fanno più confusi, come se i ragazzi rivendicassero la libertà di definirsi: ci sono sempre più ragazzi che si definiscono gender fluid. Siamo, in altre parole, di fronte a una generazione in rapido mutamento.

Campanelli d’allarme e le azioni efficaci
Ragazzi e ragazze reagiscono al disagio in modo diverso dagli adulti: la depressione può esprimersi con ritiro sociale, ma anche irritabilità o comportamenti aggressivi.

  • Attenzione ai campanelli di allarme: perdita di interesse per le attività preferite, calo del rendimento scolastico, autocritica eccessivamente severa, sentimenti di inutilità o disperazione sono segnali da non sottovalutare, particolarmente se protratti nel tempo.
  • È fondamentale stabilire una comunicazione con i ragazzi, ascoltarli senza farli sentire giudicati e senza minimizzare i loro problemi.
  •  Bisogna cercare di trasmettere fiducia e serenità: ansia e fragilità nascono dalla sensazione di non avere capacità o prospettive; è importante proporre soluzioni positive, ricordare che i momenti di incertezza e difficoltà esistono, che anche i genitori li hanno vissuti, e superarli è possibile.
  • Aiutare i ragazzi a rimanere attivi, incoraggiandoli a dedicarsi ad attività sportive che hanno effetti benefici sull’umore e favorendo la frequentazione degli amici.
  • Svolgere attività insieme ai figli, magari cercando di seguirli nei loro interessi o di farsi aiutare a utilizzare dispositivi tecnologici o a navigare in rete.  
  • Gli sportelli di consulenza disponibili presso scuole e associazioni possono essere un’opportunità per affrontare i problemi e individuare strategie di soluzione.
  • Nei casi più gravi, è indispensabile far intervenire uno specialista psichiatra/psicoterapeuta che aiuti ad alleviare i sintomi più gravi e prevenga la cronicizzazione dei disturbi, se necessario anche con l’aiuto di farmaci.

AIDO ringrazia Fondazione Vita e Salute e la Chiesa Cristiana Avventista che con il suo 8×1000 sostiene la promozione di un percorso di informazione e sensibilizzazione sulla prevenzione e insieme un gesto concreto verso la promozione della cultura del dono.

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