Comitato Nazionale per la bioetica – Il problema bioetico del trapianto di rene da vivente non consanguineo 17 ottobre 1997

Il Comitato Nazionale per la Bioetica è sempre stato molto esitante nel prendere posizione nei confronti di materie e problematiche bioetiche già regolate, almeno nel nostro Paese, da un’apposita legge: sia per una sorta di doveroso rispetto nei confronti del legislatore e della sua sovranità, sia, soprattutto, perché è intima convinzione del nostro Comitato (e più in generale di tutti i Comitati Nazionali) che la sua competenza debba riguardare solo quelle questioni bioetiche che abbiano un esplicito carattere “di frontiera”, che pongano dilemmi realmente nuovi e nei confronti delle quali l’opinione pubblica non abbia ancora maturato giudizi -anche di carattere politico- veramente adeguati.

Il problema bioetico del trapianto di rene da vivente, in particolare non consanguineo, sembra non rientrare nel novero di quelli cui sopra si è fatto cenno: esiste infatti, in materia, e oramai da più di trent’anni, una specifica legge. Quando però il CNB ha ricevuto, il 25 gennaio 1997, la richiesta di un parere da parte del Prof. Girolamo Sirchia si è subito reso conto dell’opportunità di fare un’eccezione alla prassi da esso comunemente seguita e di dare un riscontro positivo alla richiesta stessa. La questione del trapianto di rene da vivente non consanguineo sta acquistando un rilievo fattuale inimmaginabile fino a pochi anni fa, sia per la tragica carenza di organi, che rende obiettivamente disperate (e non solo da un punto di vista fisiologico, ma anche e per alcuni soprattutto psicologico) le condizioni di moltissimi pazienti per i quali il trapianto appare l’unica plausibile via di salvezza, sia per il nuovo rilievo non solo europeo, ma direi planetario che il problema è venuto assumendo.

Nella sua risposta al quesito del Prof. Sirchia, il Comitato ha ribadito la propria profonda convinzione, secondo la quale la donazione di un organo -e in particolare da vivente- anche se qualificabile come atto supererogatorio, non può che godere di un apprezzamento etico e bioetico altissimo; ma si è anche mostrato consapevole -come ben percepirà chi leggerà con attenzione le pagine seguenti- dei pericoli obiettivi che sono inevitabilmente collegati a questa pratica e che con il passare degli anni tendono inevitabilmente ad aumentare, anziché a diminuire. Di qui l’appello conclusivo del CNB al legislatore e alla doverosità che assuma o comunque continui ad assumere un atteggiamento rigorosamente prudenziale nel caso che si risolva a eliminare o almeno a limitare l’eccezione (prevista per il solo trapianto di rene) alla regola generale che vieta la donazione di organi tra non consanguinei. Per rispondere al quesito posto dal Prof. Girolamo Sirchia, è stato istituito un “Gruppo di lavoro” composto dai Proff. Barni, Benciolini, Bompiani, Cattorini, Manni, Zanella, i quali – avvalendosi della preziosa collaborazione della Dr.ssa Roberta Sala (che qui vivamente ringrazio a nome di tutto il Comitato) – hanno elaborato una bozza di “parere”. Questa bozza è stata sottoposta all’attenzione di tutti i membri del Comitato e approfonditamente discussa; infine, nella seduta plenaria del 17 ottobre 1997, il testo finale è stato definitivamente approvato all’unanimità. Il Presidente Francesco D’Agostino.

 

Sintesi e raccomandazioni

Il C.N.B. ritiene giustificate le preoccupazioni e le iniziative intraprese dal Nord Italia Transplant (NITp), che nella riunione del 12 settembre 1987, ha ribadito come la procedura della donazione da vivente non consanguineo debba essere riservata a casi eccezionali e dopo accertamento delle motivazioni alla donazione.

Il C.N.B. condivide infatti la preoccupazione che il pericolo della commercializzazione degli organi nasca proprio dalla discrepanza tra una forte richiesta e una debole offerta: e ritiene che debbano prioritariamente essere messe in atto tutte le misure capaci di portare ad un aumento della donazione degli organi da cadavere, misure di natura soprattutto informativa e organizzativa, che sono ben note e di provata efficacia.

Non dovrebbe peraltro essere trascurata l’occasione di una possibile, prossima revisione legislativa della disciplina italiana del dono di organi e di tessuti – offerta dal recepimento della “Convenzione di bioetica” del Consiglio d’Europa – che riconsideri anche la donazione da persona vivente e renda possibili – o più agevoli – alcune procedure di alto significato e di minimo rischio.

Alla luce della precedente discussione, il C.N.B. ritiene che ove si procedesse ad una revisione della normativa vigente dovrebbero essere ribaditi i seguenti punti:

– non si deroghi al principio dell’apprezzamento serio della compatibilità immunologica, per l’adeguata tutela del ricevente;
– il prelievo da vivente non possa essere eseguito in caso di rischi eccessivi per il donatore;
– tutte le eventuali conseguenze a carico della salute del donatore devono essergli comunicate e chiarite con precisione;
– il donatore dia consenso valido, libero e informato;
– il donatore sia consanguineo o affettivamente vicino al ricevente (emotionally related): il donatore prossimo non consanguineo può essere il coniuge, il convivente stabile o un amico, di cui si provi l’effettivo vincolo di affettività tale da giustificare un atto altruistico come la donazione di un proprio organo, limitato a casi particolari;
– la documentazione relativa a tale vincolo di prossimità deve essere raccolta e resa disponibile per eventuali necessità a seguito di un colloquio psicologico/psichiatrico atto a comprovare l’effettiva spontaneità del dono;
– la donazione avvenga alla presenza e sotto l’egida del magistrato, mantenendo in vigore la scrupolosa verifica di tutti gli elementi del caso, con possibilità per il magistrato di dichiarare anche il proprio rifiuto sia al prelievo che al trapianto.


In tal caso va connessa la possibilità di una ulteriore pronuncia da parte del Tribunale, in Camera di Consiglio.
Nel quadro di una progressiva responsabilizzazione etico-deontologica, in ogni caso la materia relativa alla donazione-allocazione del rene già prelevato o da prelevarsi, può essere utilmente demandata al parere non vincolante del Comitato etico di struttura, ferma restando la obbligatorietà del giudizio finale del magistrato quando si tratti di espianto da persona vivente.
In definitiva, si ribadisce l’opinione del CNB a favore di un’estensione – anche se molto controllata – del prelievo da vivente anche a non consanguineo ma solo emotionally related estensione che può essere eticamente, in linea di principio ed in se stessa, condivisa.
Tuttavia, dato il reale pericolo che atti apparentemente dettati da altruismo o altissima solidarietà siano in realtà o atti interessati (laddove l’interesse prevalente risulta essere di ordine economico), o atti – anche se non del tutto consapevolmente – indotti (laddove parliamo della possibilità non rara di pressioni psicologiche esercitate sul donatore), il CNB ritiene che la valutazione nei casi “non semplici” di prelievo di organi necessita di una duplice riflessione: – a livello prettamente morale, per cui si ribadisce la liceità della donazione anche tra non consanguinei, ferme restando le condizioni di libertà, di consenso valido e informato, di non pericolosità eccessiva per il donatore che la legge attuale già prevede- sotto il profilo morale ogni atto di vera donazione, anche se qualificabile come super-erogatorio, non può che godere di altissimo apprezzamento; – a livello legislativo, per cui, dati i reali pericoli di cui sopra, si ritiene di dover rimettere ad un atteggiamento prudenziale del legislatore la possibilità di limitare o eliminare l’eccezione già prevista alla regola (la regola generale che vieta la donazione di organi tra non consanguinei) qualora si dovesse reputare che proprio la previsione di tale eccezione possa incoraggiare una degenerazione della corretta prassi dei trapianti, specie in direzione di una compravendita degli organi.

La decisione da adottare da parte del legislatore dovrebbe tener conto di queste considerazioni prudenziali, onde evitare che – emanata una norma – si debba pagare un costo troppo alto in termini di conseguenze negative prevedibili.

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