Il cibo etico, prodotto tenendo conto del rispetto della salute, dell’ambiente e dei lavoratori che lo producono. Perché sceglierlo è una migliore garanzia per il futuro del Pianeta
Quando prendiamo dagli scaffali una pera o un broccolo ci chiediamo mai da dove sono arrivati e come? E se sono o meno un cibo etico? Prendiamo il caso dei pomodori: tutti abbiamo sentito parlare dei lavoratori, oggi soprattutto migranti (fra cui anche tante donne), sfruttati per la raccolta dell’ortofrutta. Sono ingaggiati dai cosiddetti “caporali” e costretti a lunghi orari per una paga irrisoria.
di Vita&Salute
Che cos’è esattamente il cibo etico? Per capirlo pensiamo a quello che ha prodotto un secolo fa la rivoluzione industriale. La crescente popolazione inurbata aveva bisogno di più cibo, che dai campi (ancora nelle vicinanze) arrivava in città grazie ai mezzi di trasporto e ai primi sistemi di refrigerazione. Poi è stata un’escalation. La cosiddetta “rivoluzione verde”, ampiamente basata su pesticidi e fertilizzanti, ha permesso di aumentare esponenzialmente i raccolti. Le mucche non sono più nei prati e nelle stalle dei contadini ma in vere e proprie fabbriche per la produzione di carne. Gli aerei portano i cibi del resto del mondo. Certo, è un vantaggio che ci sia da mangiare (quasi) per tutti, ma al prezzo di crescenti inquinamento, diminuzione della qualità e sfruttamento dei lavoratori. E intanto la fame nel mondo resta, perché non tutti hanno uguale accesso alle risorse.

La spersonalizzazione del cibo
A ottobre 2021 il Journal of Environmental Psychology pubblicò un articolo da cui emergeva che i bambini non sanno come nascono alimenti comuni, non associano per esempio la pancetta con un animale. Per alcuni bambini i legumi servono a far germogliare piantine o a giocare a tombola. Non si può far loro una colpa: vivono lontano dalla natura e non hanno ricevuto un’educazione alimentare adeguata.

Lo sfruttamento umano
Quando prendiamo dagli scaffali una pera o un broccolo ci chiediamo mai da dove sono arrivati e come? Prendiamo il caso dei pomodori, emblematici in questo senso (ma non l’unico). Tutti abbiamo sentito parlare dei lavoratori, oggi soprattutto migranti (fra cui anche tante donne), sfruttati per la raccolta dell’ortofrutta. È la famosa piaga del caporalato: i lavoratori sono ingaggiati dai cosiddetti caporali e costretti a lunghi orari per una paga irrisoria, senza nessun diritto e al di fuori della legalità. Ai nostri occhi sono persone invisibili, che però ogni tanto salgono agli onori della cronaca per qualche tragedia. E il fenomeno non riguarda solo il Sud: interessa anche regioni come Veneto, Toscana, Emilia-Romagna, Lombardia e Piemonte e si estende ad altre nazioni europee.

Ambiente e animali
Un altro problema legato all’eticità del cibo è quello ambientale. Secondo il Ciwf, oltre l’80% della carne consumata in Europa è di allevamento intensivo. Il Report 2021 del Wwf “Dalle pandemie alle perdite di biodiversità” ci dice che il 14,5% delle emissioni di gas serra proviene dagli allevamenti intensivi, che destinano a pascolo il 20% delle terre emerse e occupano il 40% dei terreni coltivati per la produzione di mangimi (il che va anche a scapito delle foreste). Dai dati Ispra del 2019 risulta pure che in Italia gli allevamenti sono la seconda causa di inquinamento da polveri sottili: il 15,1% del particolato Pm2,5, più di auto e moto e dell’industria. Ogni anno, in Italia si consumano 80 kg di carne (dati Wwf). Non andiamo meglio con gli allevamenti intensivi di pesce, che inquinano i mari.

Allevamenti intensivi come fonti di epidemie
Gli animali non solo patiscono sofferenze indicibili negli allevamenti intensivi, queste realtà sono anche bombe biologiche, capaci di scatenare epidemie. Greenpeace ha comunicato che il 70% delle patologie di nuova diffusione (influenza suina e aviaria, Sars, tutte gravi) proviene proprio da lì. E a questi si possono aggiungere, probabilmente, Covid-19 e influenza, trasmesse anche all’uomo. Preoccupa molto l’aviaria, con focolai sparsi in Italia (di recente in Veneto) e nel mondo, che costringono a macellare tutti i volatili e a smaltirne le carcasse; in alcuni casi è passata anche all’uomo. È interessante osservare che il pollame costituisce il 70% della biomassa, comunica il Wwf (che non a caso parla di pianeta “in gabbia”). Le specie selvatiche sono solo il 30%.

Vegetali e chimica
Nemmeno con i vegetali ci salviamo, se acquistiamo quelli coltivati in modo intensivo, cresciuti con fertilizzanti e pesticidi chimici nocivi per noi e per l’ambiente. Emblematico il caso del glifosato, che minaccia gli insetti impollinatori. Uno studio del 2021 dell’università di Sydney evidenzia la presenza di 92 sostanze chimiche legate ai fitofarmaci. A rischio di inquinamento è il 64% della produzione agricola in 168 stati.
Le acque non stanno meglio. Secondo un report della Fao del 2018, nel mondo si usano ogni anno 115 milioni di tonnellate di concimi azotati, di cui il 35% finisce negli oceani. Le acque soggette a mancanza di ossigeno per l’eccesso di fertilizzanti occupano una superficie di 240.000 kmq. Quanto all’Europa, nelle sue acque si trovano più di 700 nuovi inquinanti.

Più consapevoli
Se vogliamo mettere cibo etico in tavola dobbiamo avere una maggiore consapevolezza di ciò che compriamo. Ecco in sintesi l’identikit del cibo etico:
- Rispetta il benessere di persone e animali.
- Rispetta l’ambiente, a partire dalle risorse naturali e dalla sostenibilità delle coltivazioni, ed evita gli sprechi alimentari e le fonti di inquinamento (allevamenti, trasporti lunghi, sostanze chimiche in agricoltura).
- È sano, per il rispetto di se stessi, e viene consumato con moderazione, per non sfruttare troppo le risorse naturali.
- È scelto in modo consapevole e prodotto nel rispetto dei diritti dei lavoratori.
- È di stagione e non percorre lunghi tragitti.
- È possibilmente biologico.

Il nostro Ricettario più giusto
(Per 4 persone)
Lasagne in bianco alla salvia (per 4-6)
250 g di lasagne fresche senza uova (o con uova bio)
400 g di cannellini cotti
500 ml di latte di soia
3 cucchiai di farina di riso
1 cipolla
4 foglie di salvia
3 cucchiai di olio evo
sale, noce moscata
Radunate in una casseruola latte, sale e farina. Frullateli finché non sono lisci. Mettete il recipiente sul fuoco, portate a bollore rimestando e abbassate la fiamma. Cuocete la besciamella fino a raggiungere la consistenza desiderata. Profumatela con noce moscata. Tritate finemente la cipolla e la salvia. Fatele ammorbidire in una padella con qualche cucchiaio di acqua. Aggiungete i fagioli, lasciateli insaporire e poi fateli intiepidire prima di frullarli. Mescolateli con la besciamella e preparate le lasagne alternando la farcia alla pasta. Infornate a 180° per 20 minuti. Fate gratinare velocemente la superficie sotto il grill e sfornate. Condite con l’olio e servite.
Burger di fave e carote
400 g di fave cotte
1 carota media
pangrattato
timo, paprica affumicata
sale
3 cucchiai di olio evo
Cuocete la carota al vapore. Mettetela a pezzi nel mixer con le fave, il sale, metà dell’olio e gli aromi. Frullate fino ad avere un composto omogeneo, che compatterete con il pangrattato. Realizzate dei burger e disponeteli su una piastra coperta con carta da forno. Infornate a 180° per 15-20 minuti, girando i burger una volta. Serviteli caldi, conditi con l’olio rimasto.
Gratin alle lenticchie
300 g di lenticchie arancioni
400 g di zucca pulita
1 spicchio di aglio
1 cucchiaino di timo
1 cucchiaio di lievito alimentare
rosmarino, pangrattato
3 cucchiai di olio evo
sale
Cuocete le lenticchie con poca acqua perché alla fine siano asciutte. Intanto fate a dadini la zucca, mondate i funghi e tagliateli a pezzi. Metteteli in una teglia con l’aglio tritato e il rosmarino sfogliato. Salate e versate metà dell’olio. Infornate a 190° per 25 minuti. Salate le lenticchie, mescolatele con il timo, il lievito e il resto dell’olio. Cospargetele sulle verdure, spolverizzate con pangrattato e infornate per altri 10 minuti.
Broccoli alla siciliana
600 g di broccoli
1 cipolla
2 cucchiai di uvetta
2 cucchiai di pinoli
1 cucchiaino di concentrato di pomodoro
1 bustina di zafferano naturale
4 cucchiai di pangrattato
3 cucchiai di olio evo
Togliete lo strato più duro dei gambi dei broccoli e conservate il resto. Lavate le cimette e le foglie. Cuocete il tutto per 5-8 minuti in acqua bollente salata. Tritate la cipolla e fatela ammorbidire con un po’ di acqua di cottura. Unite i broccoli prelevati con una schiumarola e un mestolino dello stesso liquido nel quale avrete stemperato il concentrato. Proseguite la cottura a fiamma bassa e con il coperchio, unendo altra acqua se serve. Verso la fine aggiungete l’uvetta e lo zafferano. Fuori dal fuoco unite i pinoli e l’olio. Cospargete con il pangrattato e servite.
“Alette” di cavolfiore
1 cavolfiore piccolo
1 cucchiaino di paprica affumicata
150 g di farina di ceci
1 tazza di cornflakes senza zucchero
1 spicchio di aglio
sale, olio per la teglia
Per la salsa allo yogurt:
150 ml di yogurt di soia o di cocco
1⁄2 cucchiaino di senape
1 cucchiaino di aneto o di maggiorana
1 spicchio di aglio
2 cucchiai di olio evo
sale
Mondate il cavolfiore, lavatelo e tagliate a fette spesse le cimette. Tritate i cornflakes con la paprica. Mescolate la farina con 220 ml di acqua, l’aglio tritato e sale. Passate le cimette prima nella farina e poi nel trito. Spennellate con olio una teglia rivestita con carta da forno, disponetevi il cavolfiore in un solo strato e infornatelo a 180° per 15-20 minuti. Servitelo caldo con la salsa preparata mischiando tutti gli ingredienti.
Porri alla vinaigrette
2 porri medi
1 cucchiaino di senape
1 cucchiaino di aceto balsamico
3 cucchiai di olio evo
aceto di mele
50 g di nocciole
¼ di cucchiaino di cumino
sale
Mondate i porri conservando la parte verde, lavateli e cuoceteli al vapore. Tagliateli a fette spesse e metteteli in una ciotola. Stemperate la senape in poco aceto di mele e versatela sugli ortaggi. Condite con il sale, il cumino, l’olio e l’aceto balsamico. Rimestate i porri e fateli intiepidire. Prima di servirli unite le nocciole spezzettate.
AIDO ringrazia Fondazione Vita e Salute e la Chiesa Cristiana Avventista che con il suo 8×1000 sostiene la promozione di un percorso di informazione e sensibilizzazione sulla prevenzione e insieme un gesto concreto verso la promozione della cultura del dono.