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Calano donazioni e volontari, per il non profit la sfida resta la fiducia

Indagine Istituto Italiano della Donazione: nel 2021 enti in ripresa dopo l’effetto Covid. Di Stasio: «Comunicazione più efficace per una relazione duratura»

Il Covid ha messo alla prova anche il sistema immunitario delle organizzazioni non profit che hanno avuto la meglio: secondo l’indagine 2022 curata dall’Istituto Italiano della Donazione (Iid) nella raccolta fondi si registra un incremento del 12% rispetto al 2020 delle Onp che migliorano la donazione (sono il 33% del totale) e una diminuzione del 13% di Onp che peggiorano arrivando al 39%. Ma al di là della congiuntura le donazioni in Italia continuano a diminuire in una crisi di fiducia e di relazione con il donatore che è precedente la pandemia. In sofferenza anche il corpo dei volontari.
La quinta edizione del Rapporto “Noi doniamo” – che sarà presentata nel corso di Reinventing Non Profit, l’appuntamento dedicato all’innovazione e allo sviluppo del mondo non profit (Milano, 6-7 ottobre 2022)- analizza tre tipologie di dono: la donazione di capacità e tempo (volontariato), la donazione economica (denaro) e quella biologica (sangue, organi, tessuti etc.). Per ciascuno di tali ambiti il Rapporto misura le pratiche donative e la propensione al dono delle persone residenti in Italia.

Gli enti non profit rialzano la testa
L’indagine 2022, curata dall’Istituto Italiano della Donazione sull’andamento delle raccolte fondi registra, nel 2021 un incremento del 12% rispetto al disastroso 2020 (il Covid ha reso impossibile i banchetti e c’è stato un effetto disintermediazione) delle non profit che migliorano (arrivando al 33% del campione totale) a fronte di una diminuzione del 13% rispetto all’anno precedente di Onp che peggiorano (arrivando al 39% rispetto al campione totale).
Risultati ancora più felici per le entrate da raccolta fondi (tutte le entrate comprese le risorse pubbliche provenienti da contratti e convenzioni), in questo caso le Onp che migliorano fanno un balzo di 21 punti percentuali passando dal 25% del 2020 al 46% del 2021. Questi risultati tornano ad allinearsi con quelli degli anni precedenti alla pandemia, quando gli enti in miglioramento si erano sempre attestati tra il 35% e il 42% del totale.
Un dato da sottolineare legato all’aumento delle Onp che migliorano la propria raccolta fondi è dato dall’incremento delle entrate dalle Aziende: le Onp che hanno raccolto di più dalle aziende passano dal 6% del 2020 al 26% del 2021, testimoniando come Il profit sia sempre di più una fonte importante di sostegno e collaborazione.
Infine la criticità maggiormente riscontrata, per il 36% delle Onp, riguarda proprio la gestione delle emergenze in questi due anni, dato che restituisce la fotografia di un non profit alla ricerca di stabilità nonostante le inevitabili oscillazioni delle cause sostenute nei rispettivi ambiti di supporto alle due emergenze più importanti, Covid e guerra in Ucraina.

Il sentiment 2022 e la sfida della fiducia
«Nel 2021 le organizzazioni hanno recuperato rispetto al 2020, hanno rialzato la testa, ma non siamo ancora al livello del 2019, quando comunque già si affacciava un rallentamento. – spiega Cinzia Di Stasio, segretario generale dell’Iid – Le Onp hanno dovuto fronteggiare un terremoto organizzativo e la transizione digitale, cambiando anche la relazione con il donatore. La nostra impressione è che quelle che sono riuscite a vincere questa sfida stanno avendo successo stanno avendo successo nella raccolta fondi. Ora dobbiamo capire quanto queste innovazioni ha lasciato il segno sul lungo periodo».
Secondo i dati Istat relativi al 2021, la quota di persone che dichiaravano di aver donato risorse economiche alle associazioni ha registrato invece un netto un calo di 2,3 punti percentuali, arrivando a toccare quota 12% dopo il lieve aumento (dal 13,4% al 14,3%) del 2020. «E’ il calo più importante registrato da Istat negli ultimi 5 anni ed è una tendenza che viene da lontano ben prima della pandemia – aggiunge Di Stasio – Le non profit hanno davanti una grande sfida: quando si chiede a un non donatore perché non dona, la risposta ha a che fare con la sfiducia. Il non profit deve imparare a comunicare quello che effettivamente il donatore vuole sapere- ovvero come vengono spesi i soldi – in modo trasparente. Va mantenuta la relazione su questo piano. Meno informazioni ma più dirette. La relazione è fondamentale e va curata, solo così il In modo che il donatore diventi fedele».
Iid sottolinea infine che dai dati emerge un legame molto stretto tra livello di cultura dei cittadini e disponibilità a donare, trasversalmente al tipo di donazione. «Ciò sta a significare che per fidarsi dell’altro, avere a cuore la collettività, impegnarsi per la propria comunità superando i propri istinti puramente egoistici ed individualistici, servono degli strumenti culturali che favoriscano la dimensione donativa dell’essere umano. E’ molto più impegnativo essere generosi che non egoisti e per questo la cultura del dono deve andare di pari passo ad un rafforzamento culturale generale che parta dalle nuove generazioni e che porti il numero dei donatori e volontari a crescere in maniera significativa nel giro di un paio di decenni», si legge nel report.

Effetto disintermediazione
Negli ultimi due anni le non profit spesso sono state bypassate: durante il Covid molti italiani hanno donato direttamente alla protezione civile, agli ospedali o hanno partecipato a raccolte fondi online (crowdfunding) o di privati (record la raccolta di Fedez e Chiara Ferragni). Lo conferma l’indagine Italiani Solidali di Bva Doxa (diventata da poco società benefit) che ha rilevato anche le donazioni informali ovvero quelle che non transitano dalle organizzazioni non profit: aumenta di tre punti percentuali la quota di coloro che nei 12 mesi precedenti l’intervista hanno effettuato almeno una donazione di questo tipo (che cresce dal 33 al 36%). Questa inversione potrebbe essere causata da una ripresa della socialità dopo i mesi del lockdown ed è ancora lontana dalla quota del 41% che veniva registrata nel 2019. Secondo i dati Bva Doxa, diminuisce di tre punti percentuali (dal 64% al 61%) la quota di coloro che dichiarano di non avere fatto alcun tipo di donazione con un incremento speculare (dal 15% al 18%) di coloro che hanno effettuato una donazione soltanto informale, mentre rimangono stabili gli altri due sotto-insiemi, quello dei donatori sia a Onp che informali (al 18%) e quello dei donatori soltanto a Onp (al 3%).

Continua l’emorragia dei volontari
La pratica volontaria dei cittadini ha visto nel 2021 un trend particolarmente negativo, sul quale ha inciso il distanziamento sociale. La contrazione dell’attività di volontariato, misurata dall’Istat, è stata di 2,5 punti percentuali rispetto al 2020. Se nel 2019 era stata del 9,8% la quota di persone che avevano svolto volontariato, calata al 9,2% nel 2020, il 2021 ha registrato un crollo di quasi due punti percentuali, assestandosi al 7,3 per cento.
Anche l’attività gratuita non in associazioni di volontariato ha registrato una battuta d’arresto nel 2021, passando al 2,1% dal 3% del 2020. Il calo riguarda tutte le aree geografiche, ma è più accentuato al Nord dove peraltro erano e rimangono più alti i livelli di impegno volontario delle persone. Trasversale la diminuzione anche per genere ed età, anche se è più accentuata tra le femmine e tra i giovani di 14-19 anni (-4,6 punti percentuali) e 60-64enni (-3,5 punti percentuali).

Meno donatori di sangue, meglio i trapianti
Secondo le elaborazioni del Centro Nazionale Sangue, nel 2021 i donatori di sangue e plasma in Italia sono stati 1.653.268, cifra che rappresenta un calo dell’1,8% in confronto al 2019. Nonostante una lieve ripresa rispetto al 2020, i livelli di donazione di sangue, plasma e altri componenti non sono ancora tornati ai livelli pre-pandemici.
È la conferma di un trend decennale di calo (la popolazione dei donatori è diminuita di circa il 5 per cento) che pone non interrogativi sulla sostenibilità del sistema sangue in Italia e che espone ancora di più il sistema stesso a carenze cicliche che nei mesi estivi si fanno ancora più sentire.
Positivi invece i trend relativi all’attività di donazione e trapianto in Italia per quanto riguarda organi, tessuti, cellule staminali emopoietiche, gameti, attività ispettiva e gestione del rischio clinico. «Secondo i dati del Centro Nazionale Trapianti c’è stata una ripresa dell’attività di donazione (+12%) e trapianto (+9%), sostanzialmente tornata ai livelli pre-Covid, con una crescita registrata in quasi tutte le tipologie di intervento – si legge nel rapporto».
ll Centro nazionale trapianti mette anche in fila i numeri delle dichiarazioni di volontà alla donazione di organi e tessuti registrate nel 2021 all’atto dell’emissione della carta d’identità nelle anagrafi dei 6.845 Comuni italiani in cui il servizio è attivo. Tra i Comuni con più di 100mila abitanti è Trento ad aver ottenuto l’indice più alto con un punteggio di 70,26/100, seguito da Verona (indice 69,11/100) che ha un tasso di consenso più elevato (85,7%) ma anche una percentuale di astensioni maggiore (il 50,1%) e Livorno. A seguire Ferrara, Cagliari, Sassari, Padova, Vicenza, Perugia e Firenze.
Infine è salito anche il numero dei donatori disponibili alla selezione per il trapianto di midollo osseo: al 31 dicembre 2021 è salito a 469.650 secondo i numeri del Registro Italiano Donatori di Midollo Osseo.

(Alessia Maccaferri, ilsole24ore.com)

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