E, fatto fondamentale, gli anziani non sono un “peso” per la collettività. A patto che si intervenga sui fattori che preservano la salute. Ecco quali sono.
di Vita&Salute
L‘Oms ha inaugurato il “Decennio dell’invecchiamento attivo”. Per promuovere la salute degli anziani e la partecipazione alla vita sociale. E se una volta si diceva che il nostro patrimonio genetico determinasse l’aspettativa di vita. Ora si pensa, più correttamente, che forse contribuisca al 15%, mentre l’85% è determinato da fattori ambientali e stili di vita, quindi modificabili. Si può allora rallentare l’orologio dell’invecchiamento o farlo tornare indietro di decadi, grazie a numerose sostanze e scoperte sorprendenti.
Entro il 2030 le persone sopra i 60 anni saranno 1,4 miliardi, mentre nel 2050, la popolazione mondiale di anziani sarà più che raddoppiata, raggiungendo i 2,1 miliardi. Con quali conseguenze? Di sicuro saranno condizionati tutti gli aspetti della società, producendo forti preoccupazioni per la sostenibilità economica e sociale del sistema. Che fare allora? Da alcuni anni si studia un nuovo approccio, quello dell‘invecchiamento attivo. Gli anglosassoni lo chiamano Healthy Ageing e significa sviluppare e mantenere le capacità funzionali che consentano il benessere (e la salute) in età avanzata. L’abilità funzionale è la combinazione di tutte le capacità fisiche e mentali dell’individuo, nell’ambiente in cui vive e le interazioni tra di loro con l’obiettivo di aggiungere vita agli anni e non viceversa. La longevità è un’opportunità solo se vissuta in condizioni di salute, economiche e sociali, di qualità.

Perché gli anziani sono una risorsa
Ma se pensiamo che gli over 65 siano un peso e un esercito di vecchi da assistere siamo sulla strada sbagliata. In Italia hanno una ricchezza media superiore del 13,5% a quella nazionale, i loro consumi vanno a gonfie vele, spendono per musei, mostre, cinema e viaggi. In altre parole, gli anziani sono per la maggior parte dei casi soggetti attivi, autonomi e bilanciano la vita familiare con quella sociale. Eppure non c’è ancora consapevolezza del patrimonio di competenze personali, esperienza, capacità di relazione che hanno gli anziani attivi. Perché questo patrimonio sociale va salvaguardato nel tempo. Non è un caso che l’Oms ha inaugurato il Decennio dell’invecchiamento attivo. I prossimi dieci anni saranno dedicati all’avviamento di iniziative che promuovano la salute e la partecipazione degli anziani alla vita sociale.

Università di Harvard: “La vecchiaia è come una malattia da curare”
È quindi necessario modificare la prospettiva che vede l’invecchiamento come un processo ineluttabile, cercando di trasformare qualitativamente – e non solo – questa fase della vita. Purché la vecchiaia sia considerata una malattia da curare. A proporre questo rivoluzionario cambio di paradigma è David Sinclair, famoso scienziato dell’università di Harvard e autore del libro “Lifespan” campione di vendite negli Stati Uniti. Si tratta di un vero e proprio bestseller, che la casa editrice Verduci ha importato in Italia con il titolo Longevità. Perché invecchiamo e perché non dobbiamo farlo (pp. 406, € 16,00). Sinclair propone una nuova concezione dell’invecchiamento: non più un lento scorrere del tempo verso la morte, ma un processo dinamico che si può arrestare e addirittura invertire ricorrendo al potere “rigenerante” di una serie di molecole promettenti che sono attualmente allo studio.
Una volta si diceva che il nostro patrimonio genetico determinasse l’aspettativa di vita. Ora si pensa, più correttamente che forse contribuisca al 15%, mentre l’85% è determinato da fattori ambientali e quindi modificabili. Si può resettare l’epigenoma e rallentare l’orologio dell’invecchiamento o farlo tornare indietro di decadi, grazie a un’armata di molecole scoperte e in via di sviluppo: da polifenoli, attivatori delle sirtuine, pterostilbene, politadine, fisetina, Omega3 e Vitamina D.
Secondo Sinclair, l’invecchiamento è caratterizzato da più fattori o “segni distintivi”:
- danni del Dna
- un’alterata comunicazione intercellulare
- produzione di molecole infiammatorie; il logoramento dei telomeri, i “cappucci” che proteggono la regione terminale dei cromosomi
- l’esaurimento delle cellule staminali e molto altro.
Tutti gli interventi indirizzati a rallentare queste caratteristiche potrebbero aggiungere alcuni anni di vita sana.

Scelte che danno più vita…
Si tratta quindi di ricorrere a uno stile di vita sano, compiendo una serie di scelte:
- a tavola, privilegiando alimenti vegetali ricchi di antiossidanti
- curare la salute mentale con attività che stimolino la mente e diano gratificazione personale
- praticare esercizio fisico.
Prolungare la sopravvivenza sana rappresenta un dovere morale di qualsiasi società moderna e responsabile. Miglioreremo così la nostra qualità della vita, quella altrui e, quando dovrà succedere, potremo essere in grado di donare organi in salute.
… E attività che rallentano il tempo
Alcuni studi svolti negli Stati Uniti suggeriscono che tra i grandi anziani con più di 80 anni attività di volontariato e/o lavoro retribuito per 10 o più ore al mese contribuiscono a mantenere una buona salute fisica e mentale (Luoh & Herzog, 2002).
I risultati di diverse ricerche hanno indicato viceversa che il pensionamento precoce porta a un aumento del 23%-29% delle difficoltà associate nelle attività quotidiane, un aumento dell’8% delle condizioni di malattia e una diminuzione dell’11% della salute mentale. Morale? Le aziende dovrebbero guardare alla possibilità di usare le competenze e la maggiore esperienza dei senior in forme di ritiro soft, part time e tenendo i pensionati come tutor e mentori per i dipendenti più giovani (Luiss, 2020).
Alcuni dati di un importante studio sull’invecchiamento dell’università di Maastricht hanno indicato che le persone anziane (età media 61 anni) con lavori mentalmente impegnativi (attualmente o precedentemente svolti) avevano minori rischi di sviluppare deterioramento cognitivo 3 anni dopo. Il lavoro, quindi, coerentemente con le condizioni fisiche di ciascuno, non solo nobilita l’esistenza ma mantiene corpo e mente in salute.
AIDO ringrazia Fondazione Vita e Salute e la Chiesa Cristiana Avventista che con il suo 8×1000 sostiene la promozione di un percorso di informazione e sensibilizzazione sulla prevenzione e insieme un gesto concreto verso la promozione della cultura del dono.