Un’età in cui è possibile riscoprire risorse che aiutano a combattere nemici come solitudine e stress. Resilienza è il termine che definisce questa capacità. La alimentano le relazioni sociali, fino alla dimensione spirituale
Se alcuni anziani invecchiati con successo sono in grado di reagire positivamente a uno stress ed essere resilienti, la maggior parte di loro per attivare la resilienza ha bisogno di “non essere lasciato solo”.
Di Vita&Salute
Parlando di invecchiamento, medici e psicologi utilizzano sempre più spesso il concetto di resilienza, fondamentale quando si parla di invecchiare bene. La resilienza è la nostra capacità di adattarci agli eventi avversi, unita a una buona capacità di recupero psicofisico dalle conseguenze negative dello stress. Riportando il sistema alla normalità. Possiamo dire che l’organismo resiliente mostra un’elevata “elasticità” nelle risposte, ed è in grado di riportare prontamente i suoi parametri alla normalità dopo uno stress. Una specie di “effetto rimbalzo”. Nel caso degli anziani, reagire bene agli eventi stressanti che segnano la nostra esistenza è più difficile. O meglio, richiede più tempo per tornare alla normalità, sia dal punto di vista fisico sia da quello psicologico. Gli anziani sono fragili per definizione, e lo sono da diversi punti di vista, fisico, psicologico, ma anche economico e sociale. Se alcuni anziani invecchiati con successo sono in grado di reagire positivamente a uno stress ed essere resilienti, la maggior parte di loro per attivare la resilienza ha bisogno di “non essere lasciato solo”. Intendiamoci, lo stress non è necessariamente un male; anzi, quello acuto è utile, serve a mantenerci vitali, ad adattarci alle circostanze. Quello che crea problemi è lo stress cronico, il logoramento generato dal ripetersi di situazioni che interpretiamo come minaccia.

Alimentate la riserva cognitiva
Non tutti, però, reagiscono allo stesso modo allo stress. Anche grazie alla riserva cognitiva su cui possono contare. Di cosa si tratta? È un concetto importante, strettamente legato a quello di resilienza. In altre parole, disporre di una riserva cognitiva significa poter mantenere una buona funzionalità dei circuiti cerebrali anche in presenza di danni organici che potrebbero comprometterla. E sappiamo che la riserva cognitiva si può “allenare”.
Ci sono persone il cui cervello presenta segni istopatologici che generalmente si associano a declino cognitivo e demenza, ma che tuttavia mostra funzioni cognitive pienamente conservate. Per esempio, sappiamo che molti artisti, pur colpiti da demenza, riescono a mantenere parte delle loro capacità creative. E se non tutti siamo artisti, ciascuno può comunque riuscire a sviluppare la propria resilienza.
E a questo proposito ci sono alcuni capisaldi da rispettare: una dieta adeguata e variata, l’esercizio fisico, il coinvolgimento in attività stimolanti dal punto di vista cognitivo e il mantenimento di un network sociale. Un punto importantissimo, quest’ultimo, perché la maggior parte di noi ha bisogno del supporto dei propri simili per affrontare la vecchiaia. Ci sono studi che mostrano come il mantenimento di una rete di relazioni sociali sia uno strumento di prevenzione estremamente efficace per la depressione nella terza età.

Il valore della fede
Si spiega così, forse, anche il vantaggio che sembra derivare dal fatto di essere credenti: senza escludere gli effetti benefici della socializzazione e delle attività legate a una fede religiosa, la serenità che scaturisce quando si dà un senso a ciò che accade può essere di grande aiuto. Così come la sensazione di essere in controllo della propria vita, che è strettamente legata alle capacità di resilienza. Per questa ragione è sbagliato sollevare gli anziani da ogni tipo di incombenza nell’intento di aiutarli. Mentre è importante valorizzare le persone e fare in modo che abbiano dei compiti grazie ai quali si sentano utili. Per chi ha sufficienti energie, qualunque forma di volontariato è un ottimo strumento per dare senso alle giornate e superare la crisi legata al pensionamento. In questo caso la parola chiave è empowerment, ossia dare potere, valorizzare le capacità di ciascuno.
Certamente, tutto questo risulta più difficile quando ci si trova di fronte a eventi drammatici o luttuosi, anche se siamo soprattutto noi europei che facciamo fatica ad accettare quello che in altre culture è considerato normale. La resilienza ha a che vedere con la plasticità: in parte, si tratta di una dote innata, ma per certi altri versi la costruiamo giorno per giorno con il nostro atteggiamento nei confronti della vita. E la possiamo allenare. In pratica, bisogna imparare a diventare vecchi. Riuscire a vedere il capello bianco o la ruga non come una sconfitta, ma come un segno della nostra evoluzione umana, come suggeriva Simone De Beauvoir».

Mai fermarsi
Il rapporto con persone di età diverse aiuta a mantenersi flessibili, e oggi forse i nipoti riescono a creare con i nonni un rapporto meno conflittuale di quello con i genitori.
Alcune attività specifiche per tenere allenata la mente – come parole crociate o strumenti di brain training – possono costituire un buon allenamento, ma hanno il limite di offrire solo vantaggi cognitivi, mentre gli strumenti più efficaci per sviluppare la resilienza sono quelli che agiscono su più fronti. Come il gioco delle bocce, un’attività all’aperto, a costo zero o quasi, da fare in gruppo, che permette di esercitare l’equilibrio e il controllo dei movimenti. Ma vanno bene anche il ballo liscio, oppure una semplice passeggiata, magari in compagnia di un cagnolino: adottare un cane è un’altra opportunità per dare un ritmo alle proprie giornate e garantirsi un’opportunità per socializzare.
Fondamentale è anche l’esercizio fisico: migliora la circolazione, combatte l’osteoporosi e soprattutto è uno strumento di relazione, purché si impari a dosare le proprie forze. Bisogna ridimensionare le proprie attività tenendo conto delle energie che diminuiscono, in modo armonioso, ed è altrettanto importante nutrirsi adeguatamente, evitando sì gli eccessi ma anche le diete da fame, riscoprendo il valore culturale e socializzante della cucina: le vecchie ricette possono diventare un’occasione di scambi tra generazioni.
AIDO ringrazia Fondazione Vita e Salute e la Chiesa Cristiana Avventista che con il suo 8×1000 sostiene la promozione di un percorso di informazione e sensibilizzazione sulla prevenzione e insieme un gesto concreto verso la promozione della cultura del dono.